Il 5 marzo 2022 si è celebrato sulle terze pagine di tutti i quotidiani italiani il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, uno dei più lucidi intellettuali del Novecento italiano.
Personaggio scomodo, per tutti. Oggi si direbbe un “pensatore laterale”: atipico, non ascrivibile, sfuggente; sui generis, impossibile catalogarlo, nonostante abbia avuto una storia che partiva dalla sinistra intellettuale (ma, come noto, espulso e ripudiato dal Partito Comunista).
Era un marxista segnato da un’educazione cattolica, sempre dalla parte dei deboli e degli sconfitti. Era un mistico, che si sentiva sconfitto dalla realtà alienante dei media e del capitalismo. Sulle distorsioni del capitalismo arrembante aveva capito tutto, trent’anni prima dei movimenti no global di fine millennio e poi dei populismi di tutti gli schieramenti politici di inizio del nuovo millennio.
Era iperdotto e sapeva di esserlo, si nutriva di letteratura, di poesia, di pittura, di cinema. Le inquadrature dei suoi film sono impregnate dei corsi di storia dell’arte che seguì a Bologna all’università, tenuti dal prof. Roberto Longhi e che parlavano di Masolino da Panicale e Masaccio.
È stato il più potente degli ossimori del Novecento italiano, per taluni insopportabile. Le sue partecipazioni televisive sono ancora oggi oggetto di culto su YouTube, parole che sono capaci di sferzare i presenti come una lama di coltello affilata. Riusciva a parlare di tutto, mescolando arti, generi, epoche, spaziando da una metafora sulla civiltà inca del Seicento per arrivare a un quadro surrealista, con una capacità di irretire chi lo ascoltava che non aveva pari. Poteva essere timido e irraggiungibile, spavaldo e timido, aggressivo, poi umile ed egocentrico.
Fisico asciutto, addominali scolpiti, ipercurato, un fascio di nervi di salute, sempre alla moda, girava per Roma a bordo della sua Alfa Romeo Duetto Spider, era appassionato e giocava benissimo a calcio. Ironia della sorte, morì ucciso in circostanze mai chiarite, in un campetto da calcio di Ostia. Quando ci fu quel delitto, mi ricordo della notizia data, anche se ero un bambino. I ricordi di averlo visto in TV da bambino sono stati cementati in seguito da canali televisivi come RaiTeche e RaiStoria e, successivamente, anche su YouTube, dove ci sono dei bellissimi documenti che tutti dovrebbero vedere.
All’Università lo traducevo in tedesco, dall’italiano. I suoi “Scritti corsari” fanno parte della piccola biblioteca che mi ha cambiato la vita e in questo periodo mi è venuta voglia di scoprire nuove pagine, come “Descrizioni di descrizioni”.
Lo struggente ricordo di Nanni Moretti in “Caro diario”, me lo fece riscoprire dopo qualche anno.
Gli articoli che scrisse per il Corriere della Sera sono nella Storia di questo Paese, tra i quali il famosissimo “Io so”, che spiegava la strategia della tensione con parole che sconvolsero l’opinione pubblica come un cazzotto nello stomaco (coi soliti “benpensanti” che lo denigravano come complottista).
Chissà che cosa direbbe oggi Pasolini sullo stato attuale del mondo. Chissà che cosa direbbe oggi della pandemia, della guerra di Putin contro l’Ucraina.
Sta a noi tenere vivo il suo ricordo. Quest’anno ci sono svariate mostre e celebrazioni in tutta Italia, soprattutto a Bologna, sua città natale e dove studiò all’Università, e nel suo amato Friuli, a Casarsa, dove esiste una casa museo, Casa Colussi, casa natale di sua madre, Susanna Colussi, dove Pasolini visse dal 1942 fino al 1950 e dove passava le vacanze estive.
Vicino a Orte, a Soriano nel Cimino, vicino a Bomarzo, c’è la casa che fu il suo “buen retiro”, dove scrisse le sue pagine più belle e dove nacquero i suoi film. Luoghi poco conosciuti e che dobbiamo invece riscoprire tutti quanti, perché facenti parte della Storia di una delle menti più lucide della Cultura italiana del Novecento.