Perché non andrò a votare ai referendum sulla giustizia

Premetto che sono del segno zodiacale della Bilancia e credo nel fondo di verità che sta dietro all’influsso degli astri sulle persone (se la luna influenza i raccolti, le semine, l’ululato del lupo, perché i pianeti non dovrebbero influire su di noi?). Tra l’altro siamo fatti al 60% di acqua e i pianeti hanno influsso sulle maree. Quindi per me non ci sono dubbi.

Come noto, la Bilancia è il segno zodiacale per antonomasia di coloro che aspirano al senso della giustizia. E del resto la bilancia, intesa come strumento per pesare gli oggetti, è anche il simbolo della giustizia per antonomasia.

Con questo non voglio dare ricette spicciole, ma proprio per questa ragione, ci tenevo a dire che non sono un superficiale e che anzi, la Giustizia, quella con la G maiuscola è un fondamento della civiltà e del quieto buon vivere nella comunità civile e umana.

Questo post non è però polemico (in pieno “stile Bilancia”).

Anzi, sarò breve e circostanziato. I referendum del 12 giugno sulla giustizia sono troppo complessi per essere risolti da un voto di persone che non siano addetti ai lavori. E questo per tante ragioni. Non solo perché noialtri non ne capiamo nulla di giustizia, sul piano tecnico, e tutti gli slogan del Sì o del No sono solamente delle mere semplificazioni un tanto al chilo.

Secondariamente, è la politica, quella che, sulla carta, dovrebbe essere “alta” e nobile, a doversene occupare, senza per questo dover “disturbare” noi cittadini, che appunto non ne capiamo nulla dell’argomento.

Personalmente, mi occupo di marketing digitale, com’è noto. Ho una piccola startup locale che si chiama Pistakkio, ed è attiva in tutta la Regione Toscana. Se mi si domanda che strategie e tattiche si possano o si debbano attuare per migliorare il posizionamento di un sito web, allora sono nel mio campo e posso rispondere. Viceversa, questi referendum mi sembrano un modo, da parte dei partiti e di chi ha proposto i referendum, per lavarsi le mani con l’argomento, demandare le decisioni ad altri ed evitare il compromesso (all’insegna di una non meglio identificata “purezza” o, se ribaltiamo la frittata, “celodurismo”).

La politica è compromesso per definizione (e qui torna il mio essere profondamente Bilancia). Se non si vuole accondiscendere a compromessi, per voler dare in pasto alla propria base elettorale di essere puri e indefessi, allora non si fa politica, bensì propaganda. E io alla propaganda non rispondo, anche perché conosco bene, da addetto di marketing, i meccanismi che si nascondono dietro al marketing, anche elettorale.

Non parlo dei 600 e rotti milioni di euro di spesa inutile per organizzare i referendum, perché scadrei nel populismo.

Che se la risolvano loro, i politici. E dico questo, non per qualunquismo, ma perché è il loro lavoro. Così come quando un mio Cliente mi domanda di risolvergli un problema sul suo sito web.

PS = non andrò nemmeno al mare. Anzi, probabilmente lavorerò!