È morto Mikhail Sergeevich Gorbaciov, storico segretario generale del PCUS e riformatore dell’Unione Sovietica, fautore della Perestrojka e della Glasnost’, storici concetti che sono entrati anche nel Vocabolario Treccani.
perestròjka s. f. [voce russa, comp. di pere, indicante mutamento, e stroit′ «costruire»; propr. «ricostruzione, riorganizzazione»]. – Termine adottato nella politica interna sovietica e poi accolto dal giornalismo internazionale per indicare l’insieme di riforme politico-economiche (ricambio nei vertici di partito, adozione di nuovi sistemi di rappresentanza ed elettorali, moderato liberismo economico, riconoscimento delle opposizioni interne, ecc.) che caratterizzarono l’azione di Michail S. Gorbačëv a cominciare dal marzo 1985, quando venne a occupare la carica di segretario del Partito Comunista sovietico. A perestrojka era solitamente associato il termine glasnost (v. la voce), spesso tradotto in ital. con trasparenza.
glàsnost s. f. [voce russa, glasnost; propr. «comunicazione, informazione»]. – Termine adottato nella politica interna sovietica negli anni Ottanta del sec. 20° e poi accolto dal giornalismo internazionale per indicare la pubblicizzazione delle notizie politiche, economiche, culturali tramite i mezzi d’informazione (v. perestrojka). La comune, ma non esatta, traduzione con trasparenza è dovuta all’assonanza con l’ingl. glass, ted. Glas, fr. glace, che significano «vetro».
Gorbaciov è stato tanto amato e stimato all’estero, quanto inviso ai russi, durante l’era del suo mandato. La sua perestrojka e la sua glasnost’ furono una ventata di freschezza e rinascita per le libere idee dei russi: nacquero news magazine, giornali e riviste che spuntavano dal nulla come funghi. Fu un periodo bello per tutti coloro che lo hanno vissuto dal vivo e dal di dentro (e io ci sono stato in Russia quando c’era Gorbaciov). Non con i titoloni “sparati” di Repubblica, che all’epoca, in piena era Scalfari, gridava alla libertà a ogni piè sospinto, ma con chi, come me, da studente universitario all’Università Lomonosov di Mosca, ha potuto vedere i capannelli all’uscita delle stazioni della metropolitana di Mosca e Leningrado (oggi San Pietroburgo), con improvvisati comizi da strapaese, dove si discuteva di tutto, dal prezzo delle patate alla possibile efficentazione del lavoro sovietico nelle campagne. Insomma, io c’ero. C’ero nel 1989, la prima volta che andai in Unione Sovietica, come ospite di una famiglia di amici, e poi quando tornai successivamente come studente alla Lomonosov nel 1994 per tutto un semestre invernale. Ma quella è ancora un’altra storia, perché già c’era al potere El’tsyn, il quale aveva già cambiato parecchie cose e già l’Unione Sovietica non esisteva più, almeno come moloch statutario di un passato comunista.
Ma la perestrojka (lett. ristrutturazione) di Gorbaciov mise in luce tutte le contraddizioni del cambiamento, nonché fece già intuire i successivi accaparramenti e speculazioni dell’era successiva, quella di El’tsyn. E con la ristrutturazione che avviò Gorbaciov, i negozi erano vuoti (io li ho visti e non parlo per sentito dire): scaffali lunghi dieci metri con tre pezzi di qualcosa, gettati lì, senza la minima normativa igienica. Cosa che nemmeno nella precedente era Brezhnev si era mai vista. Tant’è vero che molti russi rimpiansero per anni l’era Brezhnev.
Mi si passi il paragone, un po’ tirato per i capelli, ma Gorbaciov è stato per la Russia quello che è stato per noi italiani, Mario Monti. Stimatissimo all’estero e quasi odiato dagli italiani, che fu costretto a mettere in ginocchio a causa del vicino fallimento e delle politiche restrittive europee.
Nessuno, tra i russi, rimpianse la dipartita di Gorbaciov, quando ci fu il colpo di stato nel 1991 e quando arrivò appunto El’tsyn.
A me Gorbaciov ha fatto sempre tanta tenerezza, soprattutto quando uscì di scena, massacrato dai media russi e dall’opinione pubblica. Quando ci fu il golpe, tutti lo videro scendere dalla scaletta dell’aereo, di ritorno dalla Crimea (pensate ai corsi e ai ricorsi della Storia!!!), dov’era in vacanza con la moglie Raissa Gorbaciova. Stanco, prostrato, umiliato, defenestrato senza la minima parvenza di gratitudine, additato poi, anche oggi da Putin, come un traditore della Patria.
Nemmeno lui, e lo ha detto più volte successivamente, si sarebbe mai potuto aspettare del cambiamento a cui aveva dato vita. Gli sfuggì tutto di mano, forse in un modo che nemmeno lui aveva previsto e auspicato. Vuoi o non vuoi, la sua rivoluzione senza sangue è stata però lo stesso una cosa epocale, che quantomeno sarà studiata nei libri di storia della Russia, quando tornerà ad essere un paese democratico.
Oggi la Russia ha celebrato le esequie di un grande uomo del Novecento, quasi in silenzio, vergognandosi del suo passaggio terreno nella Storia del paese. Il che la dice lunga sul livello di democrazia di quel paese, oggi.